Compliance terapeutica: cos'è e perché è importante per una buona comunicazione medico-paziente

La buona riuscita di una terapia dipende molto da quanto il paziente accetta la cura e vi aderisce. Non è raro che un paziente non accetti le terapie proposte dallo specialista e, magari, scelga di affidarsi ai consigli di “dottor Google”.

In questi casi è fondamentale una buona comunicazione tra medico e paziente affinché quest’ultimo comprenda a pieno l’importanza e la necessità di seguire le cure giuste. Il grado di acquiescenza che il paziente mostra rispetto alle prescrizioni del medico è definito compliance terapeutica.

Vediamo cos’è e perché è importante.

Cos’è la compliance terepeutica e perché il paziente spesso non aderisce alle cure mediche

C’è compliance terapeutica quando il paziente segue le indicazioni del medico - di base o dello specialista - e si impegna per portare avanti la terapia prescritta. Tuttavia accade spesso il contrario.

Infatti, come riportato nei mesi scorsi da Ansa: 7 milioni di persone in Italia sono colpite da malattie croniche, si stima però che solo la metà assuma i farmaci in modo corretto e fra gli anziani le percentuali superano il 70%. 

Di conseguenza, quando il paziente rifiuta una terapia o non la segue come dovrebbe - ad esempio quando modifica dosi e tempi di assunzione dei farmaci prescritti -, si ha una cattiva compliance

Se il paziente ha bisogno di determinate cure che però non vuole seguire oppure, non fidandosi del medico, si affida ad internet per cercare cure alternative (spesso non esatte oppure parziali), rischia di aggravare i propri problemi. Lo sanno bene i medici, impegnati in una lotta quotidiana contro la disinformazione online!

Aderenza e concordanza: i sinonimi di compliance terapeutica

Quando si parla di compliance terapeutica sono coinvolti tre termini all’apparenza uguali, ma che invece hanno delle sfumature importanti:

  • Compliance: implica un'asimmetria decisionale nel rapporto tra medico e paziente, perché c’è una sorta di passività da parte del secondo, che deve accettare e attenersi alle prescrizioni del medico. 
  • Aderenza: è un termine oggi preferito e più utilizzato rispetto al precedente,  perché mette in luce il ruolo attivo del paziente e la sua partecipazione al trattamento. 
  • Concordanza: un termine ancora poco usato e che si riferisce all’alleanza terapeutica che si dovrebbe creare tra il medico e il paziente per la buona riuscita della terapia e con il pieno rispetto delle esigenze di entrambi.

Le cause di una cattiva compliance

Le cause di mancata o scarsa aderenza ai trattamenti sono molteplici: complessità del trattamento, inconsapevolezza della malattia, follow-up inadeguato, timore di reazioni avverse, decadimento cognitivo e depressione. Tutti aspetti acuiti dall’avanzare dell’età e dalla concomitanza di altre patologie. (Ansa)

Le cause della mancata compliance possono essere non intenzionali, perché il paziente potrebbe non aver compreso bene la terapia o parti di essa, oppure intenzionali se sceglie di non seguire la terapia medica per le ragioni più disparate, razionali o irrazionali che siano.

Tra le principali cause di cattiva compliance ci sono l’età - perché una persona anziana potrebbe involontariamente scordare le prescrizioni e modificare l'assunzione di un farmaco o confondere le confezioni dei farmaci - e lo stato fisico legato alla malattia, come deficit cognitivo o visivo. Un’altra causa, però, può derivare anche dallo stato psichico legato alla malattia: perché pazienti instabili o molto stressati tendono ad aderire di meno alle indicazioni del medico.

Quelle appena viste, sono le cause principali ma, come riportano i siti Digital Health Italia e My Personal Trainer, esistono molti altri fattori:

  • scarsa fiducia verso il medico curante;
  • mancata accettazione della malattia;
  • difficoltà nel raggiungere le strutture per continuare la cura o le visite di follow-up;
  • costo elevato e difficoltà di approvvigionamento dei farmaci (legato quindi anche alle difficoltà economiche);
  • paura degli effetti collaterali dei farmaci;
  • incidenza della terapia sullo stile di vita: è il caso delle terapie che prevedono diete particolari e l’abbandono di alcune abitudini dannose per la salute, come fumare;

  • complessità e durata della terapia: la necessità di assumere più farmaci e/o di assumerli in più momenti della giornata, magari anche per lunghi periodi di tempo, può demotivare il paziente; 
  • malattie croniche: la consapevolezza di non poter mai guarire, ma al massimo controllare i sintomi di una malattia è un fattore da non trascurare.

Ma quello che più di tutto è importante per la compliance è il rapporto tra medico e paziente. Per tutti i motivi sopra elencati, il paziente potrebbe sentirsi poco fiducioso e sulla difensiva. È compito del medico riuscire ad empatizzare con la situazione del paziente, capirlo e trovare il modo migliore di entrare in contatto con lui (o con lei) per instaurare un rapporto di fiducia e stima reciproca. Ma soprattutto per dimostrargli il massimo supporto e la volontà di accompagnarlo in tutto il percorso di cura. 

Come si misura l’aderenza del paziente alla terapia? 

Non esiste un modo per misurare in maniera precisa e certa il grado di compliance. Dipende molto dai singoli casi.
L’aderenza alla terapia può essere controllata con metodi soggettivi, tramite ciò che ci dice il paziente stesso, oppure oggettivi, che sono più affidabili perché non si basano sulle sensazioni soggettive del paziente (che potrebbe mentire o non sapersi esprimere bene). I metodi oggettivi consistono nel conteggio delle pillole, nelle analisi del database delle prescrizioni, nella frequenza con cui il paziente si presenta alle visite di controllo e così via (fonte: CARE 1, 2018, F. Galimberti, M. Casula, A. L. Catapano, Società Italiana di Terapia Clinica e Sperimentale).

Come migliorare la compliance

Una buona comunicazione-medico paziente, un adeguato supporto dei caregiver e l'ausilio della tecnologia possono aiutare e ridurre al minimo il rischio che il paziente non aderisca alla terapia.  

Cosa può fare il medico

Come anticipato, il termine compliance ha una connotazione specifica e che vede il paziente come l’attore passivo nel processo di cura. Per cui il medico dovrebbe dimostrarsi aperto verso il paziente e coinvolgerlo nella definizione del percorso terapeutico, discutendo gli effetti della terapia, le alternative, le esperienze passate.

Per far ciò è importante che utilizzi un linguaggio comprensibile e dovrebbe fare in modo che il paziente comprenda a pieno le indicazioni da seguire. 

Digital Health Italia ha elencato i metodi a cui può ricorrere il professionista della salute per migliorare la compliance terapeutica:

  • spiegare chiaramente al paziente e alla sua famiglia l’importanza del trattamento e l’utilità dello stesso;
  • dare informazioni sulla malattia e la cura prescritta, con istruzioni chiare e dettagliate, non solo a voce ma anche per iscritto, per sottolineare il valore della terapia;
  • ridurre la complessità della terapia in modo che non sia troppo invasiva nella quotidianità, ad esempio prediligendo farmaci a lento assorbimento che limitano la somministrazione di più dosi al giorno;
  • mostrarsi sempre disponibili per incoraggiare il paziente a porre le sue domande e preoccupazioni senza remore, in modo da poterne discutere insieme e verificare se ha davvero compreso in cosa consiste la cura;
  • monitoraggio frequente e costante del regime terapeutico, suggerendo strumenti tecnologici per aiutare a rispettare l’assunzione dei farmaci.

Cosa può fare la tecnologia

La tecnologia è di aiuto perché permette di ricordare più facilmente gli appuntamenti e le scadenze.

Ad esempio esistono app che ricordano al paziente quando deve assumere i farmaci e software gestionali che semplificano la prenotazione degli appuntamenti, perché includono servizi di promemoria: inviano al paziente un SMS per ricordargli di recarsi nella struttura per la visita. 

Grazie ai canali social e alla televisita, invece, medico e paziente possono mettersi in contatto in maniera più immediata e semplice e senza doversi incontrare per forza di persona. In questo modo anche i pazienti più deboli o molto distanti dalla struttura possono restare sempre in contatto con il medico, risolvere necessità improvvise e portare avanti semplici controlli di routine.

Una buona comunicazione medico-paziente, prima di tutto

La comunicazione tra medico e paziente è fondamentale per creare un buon rapporto tra le parti e per sviluppare una fiducia reciproca che possa accompagnare il paziente per tutto il periodo di cura. Ma anche la tecnologia gioca un ruolo fondamentale per avvicinare di più - e più velocemente - medico e paziente e migliorare la compliance terapeutica.

Un software gestionale - come GIPO per esempio - può aiutarti a migliorare l’esperienza dei pazienti del tuo poliambulatorio e a portare avanti le cure con più serenità.

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